«Passammo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano, già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convincente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta senza costi sulle piante che crescevano selvatiche».
Marisa Rodano ha 102 anni e ricorda ancora bene quando, nei giorni precedenti all’8 marzo 1946, le donne dell’UDI (l’Unione Donne Italiane) dovevano scegliere come celebrare la festa delle donne.
La guerra era finita da poco e a breve ci sarebbero state le elezioni, le prime a cui anche le donne avrebbero potuto partecipare. E questo era stato possibile grazie alla forza e ostinazione di un gruppo di donne, da sempre impegnate per far valere i diritti e l’emancipazione di tutte.
Marisa Rodano era una di loro: antifascista e partigiana, arrestata nel 1943, finito il conflitto era stata tra le madri fondatrici dell’UDI, dopo aver militato nel Movimento dei Cattolici Comunisti e nei Gruppi di Difesa delle Donne. Sarebbe stata lei a scegliere la mimosa perché, nei mesi difficili del dopoguerra, anche organizzare la festa della donna poteva caricarsi di significati che oggi fatichiamo un po’ a capire. Nelle parole che Marisa scrisse nell’editoriale di Noi Donne, il giornale dell’Udi, di quell’8 marzo 1946 si sente forte l’eco delle tensioni di quei mesi:
«…è necessario che l’8 marzo sia una giornata di vera concordia, sia il simbolo della solidarietà nazionale indispensabile alla ricostruzione delle nostre famiglie e del nostro paese. Deve essere questo il significato politico, il significato nazionale di questo giorno di festa»
La mimosa, allora: qualcuno dice che fosse il fiore che i partigiani donavano alle staffette, qualcun altro sostiene che sia stato scelto per la sua semplicità.
Ma Marisa Rodano lo spiega chiaramente: ce n’era tanta, di mimosa, a Roma e dintorni perché le fioriture iniziavano già a fine febbraio. E poi cresceva spontanea, così che si poteva prendere senza pagare. E infine non era un simbolo, a differenza del garofano o di altri fiori che venivano usati dalle sinistre, cosa che avrebbe permesso di diffonderla senza essere accusati di fare propaganda. Oggi può sembrare un eccesso di prudenza, ma sarebbe capitato più di una volta che le forze dell’ordine fermassero le militanti dell’UDI che distribuivano mimose.
E però, come ha detto Marisa:
«non è un fiore che determina le lotte ma sono le lotte che determinano il significato del fiore»