L'11 dicembre scorso abbiamo organizzato un incontro intervista con Roberto Zaccaria, professore di diritto costituzionale ed ex Presidente Rai, per ricordare i cinquant'anni dalla riforma RAI del 1975 e riflettere sul futuro della televisione.
Nell'incontro è stato ricordato il contesto storico nel quale quella riforma ha preso corpo: Andrea Sangiovanni, docente di Storia contemporanea all'Università di Teramo, ha sottolineato come quella sia stata una delle molte riforme che ha modernizzato l'Italia nel corso degli anni Settanta, trasformando in legge le spinte alla partecipazione e alla democratizzazione che erano nate nel corso degli anni Sessanta.
Roberto Zaccaria, oltre a ricordare il suo lungo periodo da consigliere, ha sottolineato l'importanza del pluralismo d'opinione e del servizio pubblico come antidoto ad un appiattimento della capacità critica del pubblico.
Fabrizio Masciangioli, che ha intervistato Zaccaria insieme a Sangiovanni, ha riflettuto anche sull'importanza della nascita delle reti regionali, innovazione contenuta in quella legge, e dei suoi telegiornali.
L'incontro si è concluso con una piacevole intervista di Roberto Mingardi a Monica Guerritore, il cui esordio televisivo è avvenuto proprio in quella Rai appena riformata.
Riportiamo l'intervento di Fabrizio Masciangioli, a lungo volto del TGR Abruzzo, sulla nascita della Rai regionale.

La nascita della Terza Rete Rai e dei telegiornali regionali, il 15 dicembre 1979, rappresenta l’ultima tappa dell’itinerario di riforma del servizio pubblico radiotelevisivo sancito dalla legge del 1975.
Sul solco dei pronunciamenti della Corte Costituzionale, la riforma s’ispirava principalmente al principio del pluralismo politico spostando dal governo al Parlamento il potere di nomina della governance della Rai. Si può dire che la creazione della nuova rete intendeva ampliare tale concetto realizzando anche un pluralismo territoriale dando voce e rappresentanza mediatica alle diverse realtà del paese. Si puntava al coinvolgimento di un’Italia “minore” nella costruzione televisiva dell’immagine nazionale. In questa prospettiva l’informazione locale rafforzava il valore della Rai come servizio pubblico favorendo un nuovo flusso informativo di prossimità rispetto al cittadino.
C’era inoltre l’esigenza di aumentare la credibilità della Rai nel complesso del sistema informativo e comunicativo italiano. Si voleva in qualche modo reagire alle critiche, ricorrenti soprattutto sui giornali, di un’informazione ingessata dalla politica e fortemente condizionata dalla Democrazia Cristina, partito di maggioranza al governo, come era avvenuto in occasione della campagna referendaria sul divorzio. Non a caso qualche anno prima lo slogan per il lancio del nuovo quotidiano di Eugenio Scalfari era stato: “Il 14 gennaio 1975 o credete al telegiornale o credete a La Repubblica”
Altro aspetto rilevante della nascita dei Tg regionali era quello di affrontare finalmente la sfida dell’emittenza locale privata che, proprio negli anni settanta, aveva avuto un notevole e tumultuoso sviluppo ritagliandosi uno spazio che, seppur limitato, rappresentava una fetta di pubblico da non trascurare da parte di un servizio pubblico. Peraltro questa concorrenza con l’emittenza privata risultava un poco tardiva perché, già sul finire di quel decennio, l’espansione delle tv locali andava esaurendosi e cominciava a manifestarsi la tendenza alla concentrazione delle emittenti commerciali per dare vita a grandi network.
Ma le potenzialità dei Tg regionali d’innervarsi nel corpo della grande informazione nazionale stentarono a manifestarsi per la mancanza di una forte progettualità e di una solida prospettiva produttiva da parte della Rai. La creazione di questi nuovi telegiornali era scaturita principalmente dalla volontà politica dei partiti di sinistra che, coerenti con la loro visione regionalistica, guardavano con favore al decentramento dell’informazione. In tali condizioni però la partenza del TG3, diretta da Biagio Agnes, fu molto debole con una sola edizione serale alle 19 che veniva poi replicata alle 21, un vero paradosso informativo. Dopo la prima parte nazionale del tg, si dava la linea ai telegiornali regionali che apparivano così un’appendice della stessa testata. Si trattava di telegiornali molto parlati con poche immagini, a causa della limitatezza dei mezzi tecnici a disposizione, col risultato di un prodotto giornalistico che raccoglieva bassi ascolti.
D’altra parte si scontavano anche dei limiti strutturali rilevanti a cominciare dalla scarsa copertura del segnale che nel 1980 si aggirava intorno al 50% del territorio nazionale. Non era raro che si realizzasse un servizio in un paese dove il TG3 non si vedeva. Ulteriori problemi erano i limitati stanziamenti finanziari da parte della Rai, la mancanza della pubblicità e la complessiva debolezza della programmazione di rete. In verità in una prima fase nelle sedi regionali vennero create anche le strutture programmi con l’intento di realizzare trasmissioni televisive e radiofoniche che valorizzassero le tematiche sociali e culturali dei diversi territori senza trascurare l’aspetto dell’intrattenimento. Un’esperienza certamente originale da cui nacquero anche programmi di qualità ma che si concluse dopo pochi anni principalmente perché l’azienda considerò negativo il rapporto tra costi e risultati in termini di ascolto.
Per arrivare ad una vera svolta e ad una forte crescita della Terza Rete bisogna attendere il 1987 quando alla direzione arrivò Angelo Guglielmi rivoluzionando la programmazione televisiva. Uno dei casi più emblematici fu la trasmissione Samarcanda, costruita in collaborazione tra rete e testata, che proponeva un approfondimento giornalistico molto innovativo con il pubblico nelle piazze che diventava protagonista dell’evento televisivo. Nello stesso anno Sandro Curzi assunse la direzione del TG3 a cui dette una forte identità e la testata regionale divenne autonoma con la sigla TGR passando a due edizioni quotidiane alle 14 e alle 19. Il risultato fu una rapida crescita degli ascolti, nel giro di un anno Rai3 raggiunse la berlusconiana Rete4, di cui si giovò l’informazione regionale alzando il livello qualitativo e arricchendo la programmazione nel corso degli anni con nuove rubriche.
Un’ultima riflessione può riguardare i mutamenti interni alla Rai innescati dalla nascita delle Terza Rete relativamente al settore giornalistico. Fra il 1978 e il 1983 entrarono nei ranghi dei professionisti iscritti all’Ordine 2441 nuovi giornalisti, una cifra equivalente al 25% degli iscritti. Una proporzione senza precedenti con un forte abbassamento dell’età media e un sensibile aumento del numero delle donne. Uno dei principali fattori di questo terremoto generazionale fu proprio la costituzione del TG3 con la creazione in ogni regione di una redazione (oltre alla redazione centrale) con assunzione che avvenne principalmente attraverso un concorso nazionale. Giornalisti più giovani che avevano maturato la loro scelta professionale nella temperie politico-culturale a cavallo dei tumultuosi anni sessanta e settanta.
Fabrizio Masciangioli
