Cinquant’anni fa, il Primo maggio cadeva nel pieno della campagna referendaria per il divorzio. La festa del lavoro e dei lavoratori diventava così parte di una battaglia più grande per il mantenimento di un diritto civile da poco conquistato e già insidiato da chi voleva fare un passo indietro sulla strada della democrazia.
Il Primo maggio del 1974 fu una giornata speciale anche per Chieti, che allora aveva un tessuto industriale ancora forte e combattivo: fu il giorno del comizio di Berlinguer in piazza San Giustino, incontro partecipatissimo nel quale il tema principale fu il referendum sul divorzio.
Ricordiamo quella giornata con le parole di Francesco Di Vincenzo, giornalista da poco scomparso, che ne ha tracciato un vivido racconto nel suo I comizi e il miele:
La Chieti che corre ad affollare Piazza San Giustino il pomeriggio di mercoledì primo maggio, sfidando pioggia e vecchie diffidenze, è insomma una città diversa da quella che è stata (...). Diecimila persone, dicono le stime più prudenti, “migliaia di cittadini che forse per la prima volta partecipavano a un comizio del nostro partito”, come scrive l’indomani Ugo Baduel nel suo resoconto su “L’Unità”. Enrico Berlinguer sale sul palco intorno alle 18, sotto un cielo coperto da nubi nere che solo pochi minuti prima hanno cessato di rovesciare una pioggia pesante e fredda. (...) Alle spalle del palco, addossato alla rettangolare mole della cattedrale settecentesca (...), campeggiano un dipinto di Bruno Saba raffigurante una famiglia popolare e il più semplice degli slogan: “No all’abrogazione della legge sul divorzio”. Dopo la presentazione di Antonio Ciancio, le prime parole di Berlinguer sono di augurio per “i lavoratori di tutte le fedi e di tutti i paesi che in questo primo maggio celebrano, spesso lottando per i propri diritti, la loro festa internazionale”. Un saluto particolare Berlinguer lo dedica ai lavoratori portoghesi che in quell’anno possono celebrare liberamente la ricorrenza, dopo 48 anni di dittatura fascista
Naturalmente, quel comizio sarà incentrato sulla campagna referendaria più che sulla ricorrenza del Primo maggio.
Prosegue Di Vincenzo:
Berlinguer si rivolge alle donne, ricordando “alcune sbalorditive immagini fanfaniane”. “I fautori del ‘si’ vi trattano non come persone mature e intelligenti, che hanno una loro personalità e una loro opinione, ma come animali domestici che vengono spaventati con lo spettro del ‘ripudio’ o dell’abbandono, quasi non foste, invece, soggetti di diritti al pari degli uomini. Si cerca di far leva su una condizione di inferiorità sociale delle donne che è innanzitutto il frutto della politica dei governi a direzione dc e ciò per ottenere un voto che ribadirebbe e aggraverebbe la loro condizione”
Al termine, circondato da un convinto affetto, Berlinguer, che pure era preoccupato per l’esito delle votazioni, appare rinfrancato: la partecipazione massiccia in una città moderata e di forte tradizione clericale gli sembra un segnale positivo.
L’Italia, infatti, risponderà benissimo alla prova, rigettando l’abrogazione della legge e l’Abruzzo, in particolare, sarà l’unica regione meridionale dove il “no” sarà dominante.
Lavoro e diritti civili, lavoro e democrazia, ci dice quel comizio di cinquant’anni fa, vanno insieme e si sostengono a vicenda: una lezione ancora attuale.